Omelia di Padre Emmanuel Schwab

3esimo Domenica di Avvento – Anno B

1era lettura: Isaia 61-1a.2-10)

Salmo: Lc 1, 46b-48, 49-50, 53-54

2esimo lettura: 1 Tessalonicesi 5, 16-24

Vangelo: Giovanni 1-6-8.19

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Questa profezia tratta dal capitolo 61 del libro di Isaia che ascoltiamo oggi, Gesù stesso la leggerà nella sinagoga di Nazaret all'inizio del suo ministero pubblico, per rivelarne il compimento. Perché Gesù sarà colui sul quale riposa in pienezza lo Spirito del Signore Dio, Giovanni Battista ne sarà testimone. E colui sul quale riposa lo Spirito è colui che è unto con lo Spirito Santo - questo si dice in ebraico mashiyah – מָשִׁיחַ che dà la parola francese “Messia”, e che in greco si dice Christos ? da cui deriva la parola francese “Cristo”. Cristo et messie sono sinonimi stringenti che designano “colui che ha ricevuto l'unzione dello Spirito Santo”. E questo è stato mandato a chiamare – ci viene detto annunciare la Buona Novella agli umili - letteralmente, è: evangelizzare gli umili -, cioè guarire quelli che hanno il cuore rotto, proclamare ai prigionieri la loro liberazione, ai prigionieri la loro liberazione, proclamare un anno di benedizioni concesso dal Signore. Tutto questo si è compiuto in Gesù e noi lo sappiamo: entreremo presto nell'anno 2024ᵉ anno di benedizioni concesse dal Signore, e abbiamo sentito la settimana scorsa come il tempo che ci è stato dato ci viene dato per la nostra conversione.

Già la settimana scorsa, il Vangelo ci ha fatto ascoltare il ministero di Giovanni Battista che precede quello di Gesù e che prepara i cuori, che prepara le persone ad accogliere il Salvatore. Anche oggi il Vangelo ci fa sentire questa figura di Giovanni che è essenziale, poiché l'evangelista ce lo dice nel suo Prologo: “È venuto come testimone, per rendere testimonianza alla Luce, affinché tutto attraverso lui potesse credere”.…affinché tutti credano attraverso il ministero di Giovanni Battista. Tutti, e quindi anche noi stessi. Il ministero di Giovanni non finisce quando Giovanni muore. Non si ferma dopo la morte e risurrezione di Gesù: il ministero di Giovanni Battista dura fino alla fine dei tempi. È quest'opera che preparerà i cuori ad accogliere il Messia. Celebrando tra dieci giorni il Natale del Signore, rinnoveremo l'accoglienza di Gesù come compagno di viaggio, accogliendo il Salvatore come Colui che cammina con noi nella nostra vita umana. Non si tratta di accoglierlo come se fosse la prima volta, ma si tratta di rinnovarsi

questo benvenuto. E questo rinnovamento esige da noi che lavoriamo per prepararci, che lavoriamo verso una forma di conversione.

Chi è il Battista? Innanzitutto la sua identità è magnifica, è un’identità negativa. E il testo greco dice letteralmente: “Egli confessò, non rinnegò e confessò: io non sono il Cristo”.

È bene tenerlo presente perché troppo spesso, senza rendercene conto, prendiamo noi stessi come il Messia, cioè ci esentiamo dal bisogno di Gesù per poter vivere la nostra vita. " Senza di me, Gesù dirà: non puoi fare nulla » (Gv 15,5). E quando pensiamo di poter fare a meno di Gesù, pensiamo di essere il Messia.

" Chi sei ? Non sono il Messia ". Teresa lo esprimerà diversamente dicendo che non ha alcun merito, dicendo che non è capace di nulla. E tutto quello che fa, lo fa per amore di Gesù, con Gesù, in Gesù.

Allora Giovanni ci chiama nella sua stessa identità. " Chi sei ? » Alla fine risponde comunque: “Io sono la voce di chi grida nel deserto. Raddrizza la via del Signore. » La sua identità è quella di essere costantemente una chiamata a raddrizzare il cammino del Signore. Come possiamo raddrizzare questo percorso? Come possiamo continuare la nostra preparazione al Natale? Ebbene è prezioso il passo della lettera di San Paolo, la prima Lettera di San Paolo ai Tessalonicesi che ci viene fatto ascoltare: “Non spegnere lo Spirito”. Lo Spirito è una luce che illumina la nostra mente affinché comprendiamo ciò che Dio opera, affinché comprendiamo il mondo in cui viviamo. E questa luce ci giunge particolarmente attraverso la lettura e la meditazione delle Sacre Scritture, mentre la Chiesa continua a commentarle.

“Non spegnere lo Spirito, né disprezzare le profezie, ma discerni il valore di ogni cosa”. Cosa significa discernere? Paolo lo spiega: “ciò che è buono, conservalo; allontanatevi da ogni specie di male”. E questo è sempre un lavoro spirituale molto impegnativo che dobbiamo fare, è cercare sempre il bene là dove si trova. Il nostro mondo oggi è abbastanza contorto che è facile per noi vedere cosa c'è che non va... Ma Paolo inizia dicendo: "Ciò che c'è di buono, tienilo." e dobbiamo esigere da noi stessi di saper cercare il bene là dove si trova, di obbligarci a guardare il bene che si fa, là dove vediamo agire il male. Si sta facendo qualcosa di buono? Non per convalidare il male o per scusarlo. Ma ricordatevi della parabola del grano della zizzania... Il Signore ci incoraggia a non voler risolvere tutto da soli, a lasciare che il grano faccia il suo corso. Facciamo questo lavoro incessante di cercare di localizzare il bene dov'è e di conservarlo. E poi Paolo continua: “Il Dio della pace vi santifichi interamente; il tuo spirito, la tua anima e il tuo corpo siano interamente preservati irreprensibili per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo”. Come, nella prossima settimana, saremo attenti a questo, per mantenere irreprensibile il nostro spirito, la nostra anima, il nostro corpo? Così come esiste l'igiene corporea, esiste anche la necessità di sviluppare l'igiene mentale: non lasciare che nulla entri nel corpo.

la nostra mente, non lasciando che nessun pensiero vaghi da solo nella nostra mente; e tanto meno alimentano dentro di noi pensieri malvagi. L'igiene che dobbiamo avere con il nostro corpo ci rimanda all'igiene che dobbiamo avere con la nostra mente. Per cercare di vedere il bene dov’è, dobbiamo sviluppare dentro di noi il pensiero del bene e imparare a pensare alle cose buone e belle. È guardando la bellezza, ascoltando la bellezza che impariamo a creare bellezza nella nostra vita.

Infine, il brano di san Paolo inizia con tre ingiunzioni che preferisco tradurre in maniera più letterale e concisa:

Rallegrati sempre,

prega sempre,

in tutto ringraziate...

Rallegratevi sempre, pregate sempre, ringraziate sempre.

Rallegratevi sempre : È un verbo attivo, non è uno stato. Ecco perché non mi piace la traduzione: rallegratevi. Non è uno stato, è un’azione: rallegrarsi nel Signore. Ma forse me lo dirai. : “Sì, ma in questo momento sto attraversando cose terribili, sto attraversando una dura prova. Come vuoi che mi rallegri? » Questo perché la causa della nostra gioia non si trova in ciò che viviamo, si trova nella presenza di Cristo, vincitore del peccato e della morte. Lo sentiremo ancora a Pasqua, ma lo abbiamo sentito a Pasqua quest'anno nella benedizione finale della Veglia Pasquale: La gioia che niente, nemmeno la morte, può toglierci. La gioia del cristiano nasce dalla presenza del Cristo risorto. E nessuna prova può scalfire ciò, che fa coesistere la gioia cristiana con altri sentimenti. Teresa lo capiva molto, molto bene. In una lettera che scrisse a padre Roulland, questo missionario che accompagnò con la sua preghiera e penitenza, gli disse: “L'immagine che mi hai dato riposa ancora nel mio cuore nel libro dei Vangeli che non mi lascia mai. Mettendolo a caso, ecco il brano in cui si è imbattuta: «Chi lascia tutto per seguire me riceverà il centuplo in questo mondo e la vita eterna nel mondo avvenire». Ella spiega: Queste parole di Gesù si sono già avverate per te poiché mi dici: “Me ne vado felice”. Capisco che questa gioia deve essere tutta spirituale; è impossibile lasciare il proprio padre, la propria madre e la propria patria senza provare tutte le lacrime della separazione... oh, fratello mio! (LT 193) Questa gioia deve essere tutta spirituale, poiché non potreste lasciare così i vostri cari senza provare il dolore della separazione...

E allora quello che Teresa ci fa capire è che la gioia cristiana – la gioia spirituale – non spazza via gli altri sentimenti; coesiste e oserei dire addirittura che è come il caso che accoglie tutti gli altri sentimenti. Possiamo essere tristi, a volte possiamo provare anche angoscia, questo non può spegnere la gioia della presenza di Cristo. E non dimenticare che quando Teresa scrive questo a padre Roulland, è già nell’oscurità che vive dalla Pasqua.

Rallegratevi sempre, pregate sempre. Non si tratta di stare tutto il giorno in ginocchio con le mani giunte, ma si tratta di avere la presenza del Signore nel cuore. E questo avviene attraverso l’amore e attraverso atti di fiducia sempre rinnovati.

Infine, in tutto ringraziate. In tutto. Non solo in ciò che va bene. Insomma, ringraziate. Per quello ? Perché Dio è buono, perché Gesù ci ama al punto da aver dato la sua vita per noi, e qualunque cosa viviamo, qualunque prova attraversiamo, Dio ci circonda del suo amore, della sua bontà, e fa sì che tutto contribuisca al bene della vita. coloro che ama (cfr Rm 8,28).

E allora in ogni cosa possiamo ringraziare perché Dio si prende sempre cura di noi per il nostro bene. E posso assicurarvi, avendolo sperimentato io stesso, che quando siamo nella prova e abbiamo l’audacia di rendere grazie a Dio, anche solo per tutto il bene che saprà trarre da questa prova che stiamo attraversando , questo ringraziamento mette già in pace i nostri cuori.

Quindi sì, fratelli e sorelle, ecco la nostra tabella di marcia per questa settimana:

Rallegrati sempre,

prega sempre,

in tutto ringraziate.

Amen